Riforma penitenziaria: “ci vuole coraggio”

“Ci vuole coraggio”: è parafrasando John Kennedy che il Presidente della CPR Cesare Placanica ha inaugurato i lavori della manifestazione nazionale organizzata dall’Unione delle Camere Penali e dalla Camera Penale di Roma “Sì alla riforma penitenziaria. Ripristiniamo la legalità nelle carceri“, appuntamento che coincide con la seconda giornata d’astensione proclamata dall’Ucpi per dire sì (definitivamente) all’approvazione della riforma sull’ordinamento penitenziario. 

L’evento, patrocinato dal Consiglio Nazionale Forense, ha visto la partecipazione non solo di esponenti dell’avvocatura e ma anche della magistratura, del giornalismo e delle istituzioni. Qui un breve resoconto di quanto emerso in questa giornata di partecipazione e di proposta (e protesta) democratica.

Cesare Placanica, Presidente della Camera Penale di Roma:

Dai “Ritratti del coraggio” di John Fitzgerald Kenndey alla riforma penitenziaria: abbiamo il dovere morale di provarci fino all’ultimo. Invito la classe politica ad avere coraggio, a fare ciò che si ritiene necessario: approvare la riforma dell’ordinamento penitenziario contrastando il comune sentire populista, distorto e becero per far prevalere il buon senso rispetto a scelte impopolari ma assolutamente necessarie.

Giovanni Maria Flick, Presidente emerito della Corte Costituzionale:

È una vergogna che non si sia parlato durante la campagna elettorale di carcere. Voglio capire di cosa si debba parlare se non dei diritti fondamentali. Ecco perché sono estremamente perplesso sul clamore elevatosi all’uscita della sentenza di Palermo che ha avuto un indirizzo ben preciso: cioè chi allora per le riforma del carcere lavora per la mafia, è un’accusa che io rifiuto con sdegno. Durante la campagna elettorale non si è mai parlato di carcere. E’ indegna l’affermazione secondo la quale l’approvazione della riforma sia una trattativa con la mafia. Il governo ha impiegato troppo tempo per la riforma e avrebbe potuto evitare quello che poi si è verificato. Siamo nella situazione di un governo che ha la delega ma non esiste e un di Parlamento che ha votato e non esiste. Chi è in carcere deve avere speranza che percorrendo la la strada giusta, si può rientrare nel consorzio civile.

Mauro Palma, Garante delle persone detenute:

In una situazione di vuoto politico incapace di dare nuove parole per spiegare la realtà servono i corpi intermedi che debbono farsi carico non solo dei provvedimenti ma di costruire culture diverse e e parole diverse per raccontare la complessità delle carceri

Rita Bernardini, Coordinatrice della Presidenza del PRNTT:

Il carcere è una realtà di sofferenza e di disperazione (atti contro le persone, fino al suicidio). Nelle carceri incontriamo moltissimi tossici dipendenti, malati psichiatrici, poveri delle periferie degradate. La realtà del carcere è fatta di sofferenza e disperazione. Tolti gli stranieri il 70% proviene dal Sud. Questo è un dato che ci fa riflettere. La cosa più difficile di questo paese è discutere di giustizia perché l’unica di cui si può discutere è quella dei grandi processi. La discussione sulla giustizia che riguarda il cittadino è assente.

Andrea Mascherin, Presidente del CNF:

Non si può parlare tutti di tutto. Noi trattiamo temi da giuristi ma gli altri non capiscono perché non conoscono la materia, tra questi la categoria dei cittadini non ha responsabilità istituzionale. Chi ha responsabilità istituzionale non può parlare di cose che non conosce. La politica prima tra tutti. Titolari a parlare di diritti fondamentali sono avvocati magistrati e Accademia, abbiamo una situazione sociale in cui il bisogno di competenza è pretermesso mentre assume a valore la verginità culturale. Il nostro impegno sociale cresce in questi momenti è il grande momento dell’avvocatura, c’è un vuoto culturale e ideologico da colmare che noi possiamo colmare. Il cittadino può certo seguire la competenza ma non ha riferimenti oggi, quindi segue gli slogan. L’avvocatura può colmare il vuoto in un momento in cui la democrazia è in pericolo. Oggi siamo vincenti perché portatori di cultura dei diritti e di una società solidale. Dobbiamo avere la capacità di trasmettere questa cultura. La strategia è far arrivare in cdm la riforma attraverso una serie di comunicazioni ai cittadini. Bisogna riconoscere che solo il governo oggi esistente per gli affari correnti può portare a termine il risultato. La stampa in parte si fa interprete di queste esigenze ma non tutta mentre alcune parti politiche sono contrarie, soprattutto quei partiti che hanno vinto le elezioni. La Presidenza del Consiglio è convinta e il parere è trasmesso (non necessaria commissione speciale) quindi bisogna insistere con cdm e presidente della Repubblica.
Polidoro: i detrattori della riforma sono contrari a prescindere, è mancato un vero dibattito giuridico sul dissenso. È un dissenso senza spiegazione. L’avvocatura resta il baluardo della difesa e c’è un dovere politico di arrivare a qualcosa di concreto. Dobbiamo anche pensare a cosa fare se tutto si ferma.

Beniamino Migliucci, Presidente dell’Unione delle Camere Penali Italiane:

Se si leggesse con attenzione questa riforma si capirebbe che non è uno sblocca carceri. Questa non è una riforma scritta da Al Capone ma da accademici che hanno deciso di attualizzare la Gozzini e che incide proprio sulla sicurezza. Dal ’75 ad oggi sono diminuiti gli omicidi in carcere e le rivolte. Sarebbe vergognoso essere richiamati dall’Europa per la seconda volta dopo la sentenza Torregiani. La situazione delle carceri, nonostante tutto, è tornata ad essere indecente. Molti istituti sono obsoleti e ci sono delle celle dove i detenuti fanno ancora contemporaneamente i bisogni, dormono, mangiano. Bisogna comprendere che le pene alternative hanno avuto successo e serve ragionare sui dati effettivi. Certo, sulla stampa non esce nemmeno il Papa quando parla di queste cose eppure basterebbe con obiettività soffermarsi e capire che di questo, dell’educazione, la riforma si occupa. Qualcuno prima di criticarla sarebbe bene la leggesse e la capisse. Questa riforma non è uno svuota-carceri. Nelle carceri la situazione è diventata nuovamente esplosiva con quasi 58.500 detenuti, ma la riforma non serve a svuotarle, ma contribuisce a risolvere i problemi. Sarebbe vergognoso essere richiamati dall’Europa sulle carceri per la seconda volta.

Giovanni Legnini, Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura:

Un appello al Parlamento, al nuovo Parlamento, affinché esprima al più presto i pareri previsti, per consentire al legislatore delegato di completare l’iter della riforma dell’ordinamento penitenziario. Come avvocato e come uomo delle istituzioni condivido totalmente la posizione delle Camere penali su questa materia e la sostengo. Quanto al Csm, ha offerto un punto di vista approfondito nei pareri sul disegno di legge di riforma e poi sul decreto delegato. Questa riforma è figlia degli Stati generali dell’esecuzione penale, delle battaglie dei Radicali, che ho condiviso e condivido, della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, della Corte Costituzionale e della Cassazione, è figlia dell’apporto di accademici, operatori del settore, della magistratura di sorveglianza: di fronte a un apporto così corale e specialistico, non si può sostenere che la riforma produrrebbe effetti svuotacarceri o sui detenuti al 41bis: bisogna avere l’umiltà di entrare nel merito, e nel merito quei problemi non ci sono.

Paola Balducci, Presidente della VI Commissione del CSM:

Abbiamo creato un gruppo di lavoro che si riunirà la prossima settimana per sostenere con forza la sua approvazione. Noi ci siamo e ci saremo sempre. Bisogna fronteggiare questo populismo imperante in una situazione politica così delicata dove l’ansia di sicurezza rischia di mettere da parte questa riforma. Mobilitiamoci per vedere se è possibile chiudere il percorso. Questa è una battaglia di civiltà e i nostri costituenti con l’articolo 27 ce lo ricordano. Forse questa politica dovrebbe rileggere la Costituzione, ogni tanto la dimentica.

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