Cavalcare cavilli

La nota con cui il Presidente del Tribunale di Milano ha ritenuto di dover spiegare le ragioni fondanti della sentenza di assoluzione nel noto processo c.d. Ruby Ter, conclusosi con l’assoluzione di tutti gli imputati, è davvero singolare per l’ampiezza con cui ha anticipato le motivazioni della decisione e per il tono che sembra governarla.

Traspare dalle parole del comunicato, il desiderio di giustificare la decisione assunta attraverso la puntualizzazione ridondante che il fondamento del verdetto è costituito da “esclusive ragioni giuridiche”.

Nei linguaggi verbali come nella teoria della comunicazione, la ridondanza indica le parole o la parte di messaggio che possono essere eliminati senza perdita sostanziale di informazione.

Una comunicazione logica e pertinente, osservava il filosofo inglese Paul Grice, rispetta la massima della quantità: “non essere reticente o ridondante” e l’etimo stesso della parola indica proprio ciò che avanza: quel movimento dell’onda che, per quantità, refluisce indietro (red-undare). Sono ridondanze “la varietà differente”, “l’optional aggiunto”, “i risultati finali”, “i progetti futuri”, “le storie passate”.

Allo stesso modo, è ridondante affermare che una sentenza assolutoria è basata su “ragioni, di carattere esclusivamente giuridico”: in un testo ad alta vincolatività, sia formale che di contenuto, qual è il testo-sentenza, gli argomenti e le ragioni che fondano una pronuncia non possono che essere giuridici.

Sennonché, la locuzione usata viola pure la quarta massima di Paul Grice: “evita l’ambiguità”, perché specificare che una sentenza di assoluzione è intervenuta per “ragioni di carattere esclusivamente giuridico” induce, ambiguamente, a ritenere che si è stati costretti per diritto ad assolvere e che talvolta possa accadere che così non sia.

Non stupisce allora che la stampa, non tutta, ma la solita, abbia tradotto “esclusive ragioni giuridiche” con “cavilli”, vale a dire quegli strumenti utilizzati da legulei impenitenti proiettati a intralciare il corso della giustizia più che a contribuire al suo corretto dipanarsi.

La comunicazione è tema delicato, specie quando investe il cruciale punto di contatto tra la collettività e gangli strutturali del patto democratico, come la giurisdizione. A farne un uso poco avveduto si rischia di produrre effetti dannosi, come quello di considerare cavillo un fondamento del sistema penale liberale quale il principio del “nemo tenetur se detegere”.

La Camera Penale di Roma aderisce, pertanto, con convinzione alle osservazioni del comunicato del 16  febbraio della Camera Penale di Milano e alla consorella si affianca nel ribadire la necessità di sorveglianza attenta e reazione pronta a tutela dei fondamenti del nostro sistema democratico.

 

Roma, 18 febbraio 2023

La Camera Penale di Roma

con la collaborazione delle Commissioni informazione giudiziaria e linguistica giudiziaria.

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