Con noi Sergio D’Elia, della Presidenza del Partito Radicale, presenza che ci riporta la voce di Marco Pannella, espressione massima delle nostre battaglie di Garanzia.
Chiediamo a D’Elia di parlarci della proposta di legge che introdurrebbe il reato di tortura. Le criticità: un iter parlamentare durato anni.
Un primo dato di inadempienza e di omissione.
Circa 28 anni dalla legge di ratifica.
La proposta sembra in dirittura di arrivo ma è tarlata da molte lacune e da aspetti di vistoso contrasto con la definizione di tortura secondo la Convenzione Europea e la Convenzione Onu contro la tortura.
Il reato è configurato come “comune”, non “proprio” ossia espressamente ascritto al pubblico ufficiale, deputato, per il suo mandato, a obblighi di custodia.
Il pubblico ufficiale che abusi del suo potere esercitando violenza su chi è soggetto alla sua tutela, verrà parificato al cittadino comune. Una scelta che è derivata dalle spinte dei sindacati di polizia.
Un ulteriore vulnus: obiettivo della tortura, nella caratterizzazione internazionale, è l’ottenimento coatto di informazioni. Tale aspetto è sfumato nella nascente normativa, forse anche perché una specificazione normativa avrebbe palesato una corrispondenza a certi istituti detentivi quali il 41 bis.
Il regime derogatorio, nato per sopperire ad una emergenza, è ormai immanente.
Nel 1992, con il trasferimento nelle carceri di Pianosa e dell’Asinara, furono inscenati cruenti episodi di tortura tesi all’ottenimento di informazioni.
Nella ipotesi normativa prevista, la condotta punibile deve essere reiterata e continuata. L’episodio isolato resterebbe impunito. Il danno morale o psicologico dovrebbe essere comprovato.
Il rimedio più proficuo sembra essere adire due organismi internazionali per presentare osservazioni:
Il Comitato contro la tortura dell’ONU e il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa.
I motivi di resistenza ad adottare un testo coerente ai parametri internazionali si rinvengono in un’idea di Stato che mostra il pugno di ferro nel punire (41 bis).
Occorre, inoltre, superare una tensione corporativista che ha fino ad oggi impedito di identificare gli agenti con numeri di riconoscimento. E, ancora, è importante informare. La gente deve comprendere, al di là dei personalismi, che si deve rispondere a un obbligo di matrice internazionale.
Maria Brucale